Another Earth
di Mike Cahill
(USA - 2011)
Fantascienza esistenziale, drammatico.
Rhoda sconterà questa sua distrazione con quattro anni di carcere, da cui uscirà marchiata nell'animo e piena della volontà di espiare il suo peccato... Della vecchia Rhoda rimarrà solo la passione per l'astrofisica: nel frattempo il piccolo pianetino blu è diventato enorme e ben visibile nel cielo, tanto da essere chiamato Earth 2, perchè evidentemente speculare al pianeta terra.
La bionda protagonista arriverà a fare la donna di pulizia del compositore nel tentativo di riscattarsi in qualche modo ed avere al contempo l'occasione di rivelarsi come colpevole della distruzione della sua famiglia, ma riuscirà a dichiararsi solo quando tra i due la relazione, dapprima inconsistente, avrà cominciato a prendere una piega intima, complicando le vite di entrambi.
Come si evince dalla trama, la vicenda segue due linee narrative parallele: l'espiazione di Rhoda e la comparsa di Earth 2, che giungeranno inevitabilmente a fondersi nel finale.
Il film indipendente di Mike Cahill (regia, sceneggiatura, produzione, fotografia e montaggio) presenta notevoli somiglianze con il film di Lars Von Trier Melancholia, ma entrambi sono stati realizzati lo stesso anno, escludendo così ogni accusa di plagio: piuttosto in entrambi appare chiaro il modello Tarkovskiano di Solaris che li classifica in quel genere un po' di nicchia che è la "Fantascienza colta o esistenziale" (come mi piace chiamarla).
Premiato al Sundance Film Festival 2011, Another Earth, già dalle inquadrature claustrofobiche ed instabili, si presenta come un'intima riflessione sui nostri errori e sulle nostre colpe (volontarie e non) e sulla volontà di riscatto ed espiazione di tutti noi, ponendo come atteggiamento esistenziale di "risoluzione" l'impegno e l'illusione, rappesentanti rispettivamente da Rhoda e da Earth 2, soluzioni alla vita che viaggiano parallele, ma che sono destinate a fondersi per la sopravvivenza in un mondo (o forse 2) che è pronto a toglierci tutto anche quando pensiamo di possedere tutto.
L'interpretazione della bionda Brit Marling (per l'occasione anche co-sceneggiatrice) spicca su tutto e rende il film un ottimo prodotto anche quando la regia ha dei cali tipici del cinema indipendente impegnato, come la pateticità eccessivamente forzata da inquadrature stettissime e silenzi interminabili, ma nonostante tutto, Mike Cahill dimostra di saperci fare, badando anche ai glaciali colori della pellicola e sforna un film che con un budget per nulla invidiabile sa dare ottimi spunti di riflessione e si inserisce a pieno titolo nel sopracitato genere della "Fantascienza esistenziale".
Debbo ammetterlo, il finale a sorpreso è scontato e smorza un po' tutta la costruzione originale del film, il che mi ha infastidito, ma forse non poteva finire altrimenti.
Voto finale (e personalissimo) 7,5/10
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