Film: The great Gatsby - Baz Luhrmann

By Norberto - maggio 18, 2013

The great Gatsby
di Baz Luhrmann
USA, Australia - 2013
Drammatico



Il Grande Gatsby, capolavoro dello scrittore americano F. Scott Fitzgerald, classico della letteratura del '900, interpretato nell'omonimo film del 1974 da Robert Redford (nei panni di Gatsby) e Mia Farrow (Daisy), è stato riportato sul grande schermo da Baz Luhrmann e subito la critica si è divisa (non equamente a dire la verità).

Io, personalmente, non mi schiero nè con la parte della critica che demolisce il film, nè con quella che lo esalta: premetto che ho trovato l'interpretazione di Baz Luhrmann piena di pregi e difetti che rendono il film degno di essere visto, ma indegno di essere celebrato... Insomma, un tentativo riuscito di riportare sotto i riflettori un indimenticabile romanzo, ma un film non all'altezza del suo originale cartaceo.

La storia la conosciamo tutti, credo: c'è Nick Carrawey (Tobey Maguire), un ingenuo aspirante scrittore lasciatosi sedurre dal fascino della metropoli, che decide di trasferirsi a West Egg (Long Island) vicino New York per dare una svolta alla proprio vita ed arricchirsi buttandosi a capofitto nel promettente mondo della finanza di una Wall Street anni '20, che si ritrova vicino di casa di un misterioso personaggio ultra miliardario, Jay Gatsby (Leonardo DiCaprio), che dà carnevalesche feste nella sua mastodontica residenza; Nick scoprirà, trovandosi a metà strada tra lo spettatore ed il protagonista, che Gastby, arricchitosi con traffici illegali, nutre un amore smisurato per sua cugina Daisy (Carey Mulligan) e che scopo della sua intera esistenza è riconquistare la sua amata dopo l'interruzione della loro breve relazione a seguito della partenza forzata di Gatsby per la guerra.

Come nel precedente film del 1974, la pellicola si apre, rispettando fedelmente il romanzo, con le parole di Nick e si chiude, altrettanto fedelmente, con le parole di quest'ultimo, seguendo in modo quasi identico le vicende del libro... Il film, quindi, non si puo' certo criticare per l'infedeltà al testo, infatti la versione di Luhrmann è anche più fedele della versione di Jack Clayton, che ad esempiò aumenta gli anni dalla separazione tra Gatsby e Daisy, omette alcuni momenti del passato di Jay ed inventa un primo colloqui tra Gatsby e Nick che nel romanzo non esiste: è anche vero che la qualità di una trasposizione cinematografica di un grande romanzo non si misura con la fedeltà al testo originale.
E' però simpatica, a mio avviso, l'invenzione che l'intera vicenda sia raccontata da un Nick in psicoterapia che soffre di alcolismo, facendo un doppio omaggio alla letteratura di quel tempo impregnata di psicoanalisi (vedasi Zeno Cosini di Svevo) e a Fitzgerald stesso che soffrì di alcolismo, anche se questo secondo aspetto è un po' più presuntuoso e meno approfondito.

I pregi più significativi del film sono certamente: lo sfarzo dei costumi e delle feste (tipiche di Luhrmann), che ben rendono il clima di qugli anni e ben riescono a far inquadrare il protagonista, Gatsby, come un moderno Trimalcione che ostenta tutta la sua ricchezza kitsch tipica di un parvenu; lo sforzo di rimodernizzare il racconto con una regia che sfrutta ogni tipo di ripresa rocambolesca per movimentare la narrazione; le interpretazioni di DiCaprio (in formissima, calato nel personaggio, ironico e drammatico, finto e vero, che nulla ha da invidiare all'interpretazione di Redford), di Maguire (che si trova evidentemente a suo agio in una parte che sembra fatta per lui: quella dell'ingenuo che acquisisce consapevolezza e sa bilanciarsi tra il disgusto e la meraviglia) e sopra di tutti Joel Edgerton (che supera ampiamente il Tom Bucchanan di Bruce Dern... Un Tom più aristocraticamente antipatico e narcisista che mai).

I difetti evidenti del film, sono invece: un calo della regia nella seconda parte del film, che coincide con un rallentamento dell'azione e delle riprese rocambolesche, rendendo il prodotto finale eterogeneo; una Mulligan che non riesce ad essere all'altezza del resto del cast (e soprattutto della Farrow); una morbosa ricerca del kitsch che finisce per togliere il respiro ai personaggi che, paradossalmente, danno il loro meglio quando la regia cala nella seconda parte; una voglia di evidenziare tutti i messaggi che il romanzo originale trasmetteva, che finisce per lasciare allo spettetatore una morale indefinita ed una luce verde protagonista, ma senza troppo spessore; ed infine, una computer grafica non sempre all'altezza delle pretese.

Una discussione a parte merita la controversa colonna sonore, che, se ho apprezzato per l'intento potenzialmente "ammodernante", toppa nella realizzazione che non è all'altezza dell'intento: infatti il rapper Jay-Z non si mostra capace di interpretare lo spirito Jazz di quell'america proibizionista anni '20, riuscendone a sottolineare solo il carattere orgiastico e festaiolo.

Ah, anche in questo film ci si dimentica della relazione tra Jordan e Nick, eliminando un po' dello spesso del personaggio.

Voto finale 6.5/10


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